Cosa dire ai figli quando ci si separa? Gli atteggiamenti da evitare
La separazione coniugale è un momento di crisi in cui ciascun membro si ritrova a fare i conti con una ricostruzione dei propri progetti di vita e con l’importante elaborazione di un lutto, quello della coppia che finisce.
Quando si hanno dei figli la situazione si complica. L’uomo e la donna devono riuscire nel complesso compito di dirsi addio come amanti e giurarsi vicinanza come genitori per tutta la vita. È un compito difficile e delicatissimo.
Nella fase di separazione le motivazioni di crisi possono essere varie, e differente il modo in cui ciascuno mostra il suo disagio. Si assiste a crisi di rabbia, scenate isteriche, fughe di casa sbattendo la porta. I toni sono aspri, volano insulti, e rabbia, dolore e tristezza si mescolano nell’aria in un mix unico di tensione che rende l’atmosfera “pesante”. Ci si dimentica spesso che spettatori costanti del dramma in scena sono i figli.
Ecco allora gli atteggiamenti da evitare:
–Far finta di nulla. Se vostro figlio assiste ad un cambiamento grande in corso, dir loro che “va tutto bene” può essere come minimo fuorviante.
–Fornire spiegazioni false. Le spiegazioni devono essere reali, sempre bilanciate rispetto al livello di comprensione del bambino. Anche se i bambini sono piccoli, comprendono benissimo che “qualcosa non torna”. Nella pratica clinica mi sono di frequente confrontata con storie familiari caratterizzate dall’escamotage della bugia: soprattutto quando i bambini sono piccoli, in età prescolare, quando la separazione si traduce in allontanamento di uno dei due coniugi dal tetto coniugale, al bambino viene detto che il papà (o la mamma) viaggia tanto, che è fuori per lavoro, che lavora lontano quindi non dormirà più in casa. Queste motivazioni non bastano mai. Sono monche in partenza. E il bambino che cresce si sentirà a posteriori tradito per non aver avuto diritto alla verità.
L’obiettivo primario deve essere quello di rassicurare il figlio, e fargli capire che mamma e papà ci saranno sempre, nonostante non siano più “fidanzati”. Se i bambini sono più grandi, e soprattutto in adolescenza, si suppone che saranno in grado di capire da soli quello che sta accadendo. È un assunto erroneo: capacità cognitive più elevate non soddisfano di per sé il bisogno di contenimento e condivisione affettiva che una chiara e calma spiegazione da parte del genitore può dare.
–Dare motivazioni della separazione in cui ci sono sempre “buoni” e “cattivi”. Il risentimento durante la separazione può essere tanto. Ciascuno ha i suoi motivi per rivendicare la ragione dalla sua parte. Senza addentrarci nelle motivazioni più disparate, che appartengono ad ogni singola e unica storia personale e di coppia, non si devono mai usare i figli come arma di scambio. L’errore classico è quello di attivare triangolazioni e ricatti emotivi che lasciano il bambino solo, confuso e in preda a sensi di colpa. “Tuo padre ha fatto questo”, “tua madre si è comportata così”, sono affermazioni che portano con sé sempre la richiesta implicita al figlio di prendere una posizione. Si chiede a lui di soppesare dolore e rabbia, di decretare vincitori e vinti, e di stare dalla parte giusta. Le conseguenze emotive di questi atteggiamenti possono essere gravi.
–Parlare con i figli come se fossero dei “piccoli adulti”: non dimenticate mai che siete voi gli adulti. Dire la verità non deve tradursi in uno sfogo emotivo costante su di loro, su cui proiettare la vostra necessità di affetto e accudimento. E se è comprensibile che in certi momenti della separazione vi possiate sentire senza forze o risorse, nessuno vi chiede di essere dei super eroi: chiedete aiuto, ma non ai vostri figli. Chiedete aiuto ai genitori, agli amici, attivate la famosa “rete informale di supporto” per provare a non gestire le difficoltà in solitudine. Sicuramente, mentre cercate di ridefinire la vostra vita, tra pratiche legali, riorganizzazione di spazi, ed elaborazione emotiva importante, potrebbe essere difficile mantenere la vostra presenza lucida e calma nell’accompagnare i figli a fare sport o nel correggere i compiti, o nel preparar loro la cena. Non vergognatevi a chiedere aiuto! E se ciò non fosse possibile, o potesse al contrario essere controproducente, rivolgetevi ad uno psicologo specializzato. Trovate uno spazio neutro in cui darvi tempo e spazio per dare un significato a ciò che sta accadendo, senza saturare lo spazio mentale dei vostri bambini.
–Parlarne una volta e poi non parlarne mai più. Non bisogna mai pensare che una sola spiegazione sia sufficiente a placare l’angoscia abbandonica e il senso di colpa del bambino. Non basterà spiegargli una volta per tutte che mamma e papà continueranno a volergli bene nonostante si separino. Siate pronti a riprendere più volte l’argomento, siate pazienti nel ribadire quanto già detto, nell’approfondire determinati temi, adattandovi al momento di crescita del bambino. Se pensate che parlarne possa significare riattivare la sofferenza, valutate anche i rischi di mantenere quella sofferenza in un’area di non-detto. La rielaborazione passa dalla verbalizzazione e condivisione emotiva.
L’intenzione di separarsi dovrebbe essere comunicata insieme, da entrambi i genitori, dando spazio agli interrogativi dei figli e alla loro sofferenza. Bisognerà riconoscere le responsabilità condivise dalla coppia in questa decisione e sottolineare sempre che i figli non hanno nessuna colpa.
La separazione è solo l’inizio di un lavoro che continuerà per tutta la vita, quello di genitori, che seppur separati, dovranno riuscire ad accettare le reciproche differenze senza attivare conflitti ulteriori. Dovranno continuare a prendere in accordo decisioni importanti, su salute, formazione, educazione dei figli, ed essere affidabili e coerenti. Nello sviluppo evolutivo entrambi i genitori sono fondamentali organizzatori di pensiero e affettività. Solo se si riesce a mettere da parte la tendenza alla reciproca accusa e a quegli elenchi senza fine di errori e mancanze del passato si potrà iniziare a spostare lo sguardo verso il futuro del proprio figlio.